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Un caffè con LaLaPa: incontro con il cantautore Denso

È una tipica mattina di metà luglio a Palermo. Soleggiata, calda. Soprattutto calda. C’è una pace pigra nell’aria afosa, che non viene disturbata neanche dall’eco chiassoso del traffico lontano. Mi sono appena seduta a un tavolino all’aperto, da Spinnato, nella splendida cornice di via Principe di Belmonte, quando lo vedo apparire in lontananza, sul suo monopattino elettrico.

Roberto Giangreco, in arte Denso, sa come fare le sue entrate, non appariscenti ma con stile.

Denso

Ciao Roberto.

Ciao Conny!

Lo rincontro con molto piacere, non ci vedevamo da diverso tempo.

Da anni lo seguo a distanza, come ascoltatrice delle sue canzoni, e allora ho pensato di intervistarlo per il nostro blog, LaLaPa, anche per potere, con l’occasione, aggiornarci sulle nostre vite.

Mentre aspettiamo che si unisca a noi Claudio S. Gnoffo, amico, scrittore e ritardatario (non necessariamente in quest’ordine), iniziamo a gustarci questo caffè con LaLaPa. È una conversazione a ruota libera, molto sciolta, mentre io cerco di mettere in ordine le idee che, man mano, vengono fuori.

 

Roberto, iniziamo dal tuo nome d’arte. Perché “Denso”?

Volevo darmi un nome d’impatto, un nome che potesse indicare tutto e più di tutto. L’ho trovato in “Denso”, che ha un suono d’impatto ed è un gioco di parole, si può combinare con altri concetti identificando un qualcosa che ha molte sfaccettature.

 

Ok, andiamo al tuo percorso artistico e professionale. Come ti definiresti?

Beh Conny, io mi definisco un cantautore e un producer, perché non solo scrivo i testi ma curo anche gli arrangiamenti dei miei brani, con tutta la strumentazione necessaria. Il mio percorso lo faccio risalire a quando da bambino cantavo a squarciagola col mio “Canta Tu”, ti ricordi quello che pubblicizzava Fiorello? Poi ho cominciato a mettere su qualche band fino a quando non mi sono dedicato a una sola formazione per parecchi anni.

 

E adesso sei solista no?

Sì, da cinque anni, da quando ho iniziato ad avere le idee ben chiare.Non sono geloso del mio lavoro, nel senso che collaboro volentieri con altri artisti, ma diciamo che oggi riesco, in maniera autonoma, a concepire dei progetti miei, ben definiti, progetti cui riesco da solo a dare una forma. Condividere progetti con altri significa o perdere l’idea iniziale o dover mettere d’accordo più teste, perciò, per quanto riguarda i progetti miei, preferisco andare avanti da solo. Invece, per collaborazioni su progetti condivisi, ben volentieri.

 

Hai diversi canali social, vero?

Sì, mi sto divertendo a gestire dei social tra il mio canale Youtube e la mia pagina Facebook, adesso ho anche un profilo Instagram e sono su Spotify. E pensa un po’, sto pensando anche a un profilo su TikTok.

 

Le prime esperienze professionali le hai fatte a Milano, ricordo bene?

Sì. A Milano nel 2018 ho partecipato ad “Area Sanremo” dove sono arrivato in finale nazionale. Una bellissima esperienza, che fra le altre cose mi ha portato a collaborare con Leonardo Monteiro a un suo singolo, su testo e musica di VladiTosetto, e col direttore d’orchestra Adriano Pennino.

 

Cosa ti ha spinto a tornare alla tua Palermo, dopo anni trascorsi a Milano?

Allora, a Milano mi trovavo bene, ho lavorato anche come insegnante di musica e mi sono immerso in quella realtà, dove si corre e si fa, tanto. Un po’ com’è nella percezione comune. Però a un certo punto ho sentito il bisogno di tornare alla mia realtà di partenza, nella nostra tipica pace siciliana, perché quei ritmi intensi di lavoro e d’attività non mi consentivano di produrre, in questo momento in cui forte ne sentivo il bisogno.

 

La trovo una scelta davvero coraggiosa, lì immagino sia più facile avere contatti con le case discografiche, con certe realtà.

Sì, ma ho sentito che era il tempo di farlo. Sento che questo è il momento di produrre, poi in un secondo momento magari tornerò nuovamente a Milano.

 

I tuoi singoli li troviamo tutti sul tuo canale Youtube, giusto?

Sì, esatto. Sono singoli in cui ho voluto far parlare il quotidiano, le cose semplici di ogni giorno, diciamo. Faccio lavorare molto il mio inconscio, lasciando agire anche le mie influenze musicali: U2, il Robbie Williams dei primi tempi, ma pure cantautori nostrani come Cremonini e Gabbani. Da qui mi lascio andare in un dialogo libero, parlo a briglia sciolta, direi quasi in “flusso di coscienza”.

 

Ho notato che nelle tue canzoni c’è molto il mare.

Sì, molto! Essendo siciliano non posso prescindere dal mare, da tutto questo.

 

Allarga le braccia e indica tutt’intorno, ci capiamo subito: la sicilianità è qualcosa di così profondamente intimo e radicato in noi, che ce lo portiamo appresso, sempre.

 

Sai, la tua sonorità la trovo molto affine a quella di un altro cantautore, Cordio (Pierfrancesco Cordio, di Catania, classe 1995).

Lo conosco! Lo stimo molto, mi piace. Perciò lo considero un complimento.

 

Qual è il tuo pubblico “tipico”, diciamo?

Sai, ho un pubblico molto giovane, ma devo precisare che non è il pubblico della musica trap o elettronica spinta, sono ascoltatori giovani che però prediligono molta musica Anni ’80 e ’90, un pubblico che ha una certa memoria e un certo gusto, ad esempio per le rock band Anni ’80.

 

Dicevi che trai spunto dal quotidiano. Questo periodo di quarantena, la pandemia, ha ispirato la tua musica in qualche modo?

No, il Covid onestamente non mi ha dato molto stimolo a scrivere, ma è pure vero che non tutto ciò che scrivo andrà pubblicato subito, magari in un secondo o terzo momento.Secondo me, per pubblicare qualcosa, c’è bisogno dell’impulso del momento. Ogni cosa ha il suo tempo e la sua stagione, anche la pubblicazione di un brano già creato mainedito al momento.

 

Sogni nel cassetto?

Mi piacerebbe lavorare per delle case discografiche di cui stimo il lavoro, ad esempio la Mescal, di cui apprezzo moltissimo la dimensione, il lavoro e la qualità degli artisti che promuove.

 

Roberto si alza un attimo per buttare della carta in un cestino, e in quel momento arriva il mio amico Claudio S. Gnoffo, di ritorno da un cliente e dal traffico palermitano. Li presento, dopodiché lascio che sia lui a fare le domande a Denso.

 

Scusate il ritardo, avevo un appuntamento con un cliente stamattina che non potevo rimandare, e poi per trovare posto…

Non ti preoccupare, anche se mi dispiace che tra un po’ dovrò andare. Sono veramente felice di questa intervista con LaLaPa, fate cose davvero belle. Il nome, “LaLaPa”, mi piace un sacco! Sa di nenia, è un’italianizzazione troppo simpatica di ‘a lapa (a sua volta dicitura palermitana per il celebre Piaggio Ape, NdR).

 

Sì, i ragazzi di LaLaPa ci hanno lavorato molto sul nome! Allora, Roberto, quando hai scoperto la vocazione a essere cantautore?

Bella domanda, subito al dunque. Direi a quindici anni, dopo che avevo iniziato a esibirmi col “Canta tu” di Fiorello, lo dicevo a Conny. Beh, sono di quella generazione! (ride) Ma non ho fatto subito il solista, non ho vissuto subito così la mia vocazione, diciamo. Prima ne ho fatta tanta di strada, così che oggi so seguire tutte le fasi del lavoro creativo dietro una canzone, e questa mia esperienza di oggi è frutto di tutti gli anni trascorsi in diverse band ma anche a lavorare su me stesso.

 

Quindi sei abituato a stare dietro le quinte, a quella che si chiama solitamente “gavetta”, da quello che percepisco. E hai fatto il “salto” quando ti sei sentito pronto.

Sì, è “solo” da cinque anni che mi presento al mondo come cantautore solista. Prima di arrivarci, ho fatto tutto un percorso di vita, finché ho sentito che era il momento giusto.

 

È una dote non comune il voler far crescere, maturare, ciò che si ha dentro prima di esprimerlo, senza fretta, cercando di ascoltarsi dentro.

Sì, esatto, ho imparato a non cercare la visibilità a tutti i costi. L’ispirazione che ti porta a creare un brano è una cosa, poi l’impulso a pubblicarlo, a fissarlo come momento della tua vita o tappa della tua carriera, è un’altra. Mi lascio ispirare da ciò che vivo ogni giorno e poi lo lascio sedimentare dentro, fino a che sarà pronto.

 

È difficile trovare il momento giusto? O forse è quello ad arrivare da noi, e noi dobbiamo saperascoltare quando bussa? Sai, per contrasto mi fai pensare a tutte quelle hit di cantanti che in effetti, a inizio carriera, avevano molto da dire, ma poi si sono fatte prendere dall’ansia di fare un tormentone a ogni estate…

Beh sì (ride) è la loro esigenza di omologarsi a un mercato, alle richieste che quel mercato fa. Ci può stare, è una libera scelta. Io preferisco avere un approccio di ricerca e di sedimentazione, appunto. Ascoltare il momento giusto quando bussa, è fondamentale imparare a farlo. E non tutto ciò che si crea dev’essere pubblicato, non subito almeno. Sono convinto che il cestino sia il miglior amico dell’artista.

 

Mi piace questa frase, me la segno. “Il cestino è il miglior amico dell’artista”.

Grazie (ride). Bisogna creare senza l’ansia di dover pubblicare tutto. Molto andrà scartato. Poi chissà, puoi ripescare qualcosa che ti sarà utile dopo, ma di solito quando ti guardi indietro, a ciò che hai creato in passato, ti rendi conto che così tante cose in te sono cambiate, già solo il tuo stile, ad esempio. Non è affatto detto che tu possa pubblicare o comunque usare tutto ciò che hai creato in passato. L’artista non dovrebbe avere l’ansia della visibilità, ma fare un percorso con sé stesso e poi, quando è pronto, lanciarsi.

 

Sentivo una volta di un cantautore celebre, Eros Ramazzotti, che si chiedeva stupito come certi giovani cantanti potessero simulare rabbia verso la periferia e i quartieri degradati, rabbia che non potevano avere, essendo saliti alla ribalta già così giovani. Ecco, quanto incide sul tuo lavoro la tua maturità personale, la conoscenza che hai di te, il tuo vissuto?

È tutto. La maturità raggiunta, la conoscenza di me stesso, il mio vissuto, sono tutto. Da qui infatti viene il nome “Denso”, in cui cerco di racchiudere tutto il mio vissuto, il mio modo di vedere le cose. È chiaro che i temi sono sempre quelli, i temi delle mie canzoni sono universali, riguardano tutti, come l’amore, cioè l’amore che va bene e quello che va male, la quotidianità quando le cose vanno bene e quando vanno male, la società che ci schiaccia e quella che può cambiare in meglio, e così via. Questi temi sono ricorrenti, sono sempre stati fatti. È la mia percezione di essi a caratterizzare il mio lavoro. È il modo in cui uno dà una forma a questi temi ciò che lo rende artista, e chiaramente in ciò l’artista risente del proprio vissuto. Il modo in cui l’artista vede la vita, è frutto delle sue esperienze, e l’artista a sua volta lo riversa nel suolavoro.

 

Un singolo che consiglieresti a chi non ti conosce ancora, da ascoltare per primo, per iniziare a calarsi nel mondo di Denso?

Penso… (riflette tra sé qualche attimo) “Per una volta”. Sì, è quella che mi rappresenta di più, perché parla della voglia di raggiungere i miei obiettivi.

 

Questa la chiedo a tutti gli ospiti del nostro caffè, in chiusura. Lasciamoci con una suggestione: se dovessi definire Palermo con un concetto, un’immagine, in una pennellata di poche parole.

Bella domanda. Penso che Palermo si possa dire “Molto umana, a volte troppo”.

 

Adesso ci dobbiamo salutare, Roberto deve andare a un appuntamento col suo monopattino. Claudio osserva che, tra gli ingorghi del traffico cittadino, ne ha visti parecchi. Io rispondo che, secondo me, nessuno si trova a proprio agio col monopattino più di Roberto. Così si è conclusa l’intervista, ripromettendoci di rivederci.

Un ringraziamento speciale a Claudio S. Gnoffo per la collaborazione nella realizzazione di questo articolo.

Lug 20, 2020Conny Catalano
Un caffè con LaLaPa: incontro con lo studioso Massimo BonuraSant'Agata, tradizione che unisce Catania e Palermo
Conny Catalano
2 years ago Interviste, Palermo centro, Quattrocantiarte, cantautore, cultura, denso, giovani, intervista, interviste, lalapa, musica, palermo, producer, sicilia, spettacolo275
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