
Palermo 3.2.2016 – Finalmente la diatriba che divideva la Sicilia in due sull’attribuzione della denominazione maschile o femminile alla nostra famosissima specialità culinaria regionale è giunta al termine; infatti, alcuni linguisti della storica Accademia Fiorentina hanno attribuito il nome di “Arancina” al nostro piatto tipico, cosa che farà discutere e non poco, i nostri cugini catanesi e messinesi.
La questione, per il popolo panormita, era ormai chiusa; il nome “Arancina” era entrato già da tempo nel gergo comune, ma c’era ancora chi non la pensava come i palermitani.
L’accademia della Crusca, istituzione italiana che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana, dà una spiegazione storica, a seguito di uno studio specifico sulle origini della tradizionale vivanda di origine araba; l’istituzione, infatti, nella relazione finale sull’origine dell’ “Arancina” scrive: “Le origini di questa pietanza si vorrebbero far risalire al tempo della dominazione araba in Sicilia, che durò dal IX all’XI secolo. Gli arabi avevano l’abitudine di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con la carne di agnello prima di mangiarlo; da qui la denominazione metaforica: una pallina di riso con la forma di una piccola arancia (< ar. n?ranj). Come si legge nel Liber de Ferculis di Giambonino da Cremona (curato da Anna Martellotti, 2001), tutte le polpette tondeggianti nel mondo arabo prendevano il nome dalla frutta a cui potevano essere assimilate per forma e dimensioni (arance ma anche albicocche, datteri, nocciole); il paragone con le arance era naturale in Sicilia dato che l’isola ne è sempre stata ricca.”
In effetti, indagando su vari testi e vocabolari di cultura siciliana, si rileva che il nome della pietanza è da attribuire alla sua forma tondeggiante che ricorda una piccola arancia, infatti, tale vocabolo viene tramandato dagli arabi con la parola aranciu, da questi anche arancinu che però potrebbe sembrare maschile, ma in realtà si rifà al frutto dell’arancia e non all’albero dell’arancia. Come è noto a tutti, la forma tonda, sinuosa dell’arancina si rifà a quella del agrume siciliano. La nostra ricerca ha voluto chiarire tutto, dando ancor più ragione all’antica Accademia, infatti, una fonte medievale e poi una angioina/aragonese chiamò la famosa palla di riso “arancinu” poi tramite miscugli culturali e trasformazioni linguistiche è diventata “femmina”.
Un vecchio vocabolario Siciliano-Italiano del 1857 scritto da Giuseppe Biundi riporta il vocabolo Arancinu che viene descritto come “vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia“. Pare che anche dopo l’Unità d’Italia a Palermo venisse usato il termine “Arancinu”, riportato anche nel “Nuovo Vocabolario Siciliano-Italiano” del 1868.
Insomma, i palermitani lo sapevano già, era solo questione di tempo e la nostra opera d’arte sarebbe stata riconosciuta come “Fimmina”. Da oggi si spera che non si dovrà più parlare di maschio o femmina, il suo nome è arancina, non arancino!
Del resto tutti lo sanno che le cose più belle e più buone al mondo, o fanno male o sono femmine.