Caro lettore, oggi il nostro viaggio ci porta nelle profondità dell’Etna, nel cuore pulsante dell’isola bella.
All’interno delle cavità del vulcano, fa sentire ancor oggi la sua rabbia il gigante Tifeo. Imprigionato al di sotto della Sicilia per aver osato sfidare il potere degli dei.
La sua leggenda trova origini nel mito, quando le potenze del cielo e della terra lottavano per dare un equilibro all’universo. Da un lato gli dei, difensori del nuovo ordine, dall’altro i Titani ed i Giganti che rappresentavano il caos.
Immaginiamo una scena primordiale, un tempo in cui cielo e terra erano scosse dalla potenza degli elementi che cercavano un equilibro. In questo caos Tifeo era il mostro più potente. Enorme, alto più di una montagna, con le sue mani poteva tirar giù dal cielo le stelle ed i pianeti, sulle sue spalle fuoriuscivano ali e cento serpenti, dalle sue gambe draghi feroci, dalla sua bocca sputava massi incandescenti. Tifeo tentò la scalata per conquistare l’Olimpo.
Tale era la sua potenza che tutti gli dei fuggirono per trovar riparto.
Zeus cercò di contrastarlo, ma uscì malconcio dallo scontro e cercò riparo nelle terre dell’Africa.
L’Olimpio fù messo a dura prova da Tifeo, che con le sue enormi braccia scaraventa montagne sulla terra, rovesciando mari. Ad ogni suo passo la terra tremava.
Zeus, ritemprato nelle sue membra, sfidò nuovamente il gigante. Caricando di forza le sue saette inizio a scagliarle dall’alto dei cieli per abbattere Tifeo.
Tifeo, colpito, cadde sulla Sicilia. Allora prese sulle sue mani la Sicilia per scaraventarla contro il padre degli dei. Ma, mentre era tenuto fermo dalle acque intorno all’isola sotto il comando di Poseidone, Zeus scagliò un’enorme folgore che illuminò l’intero cielo colpendo in pieno petto Tifeo. Ade, dio degli Inferi, apri sotto di lui una voragine facendo cadere Tifeo al di sotto della Sicilia.
Zeus, per timore che Tifeo potesse risollevarsi, ordinò ad Efesto di creare delle catene indistruttibili, con le quali incatenare il gigante al di sotto dell’isola bella.
Così lettore, se noti la piantina della Sicilia potrai individuare i tre punti di ancoraggio dove è incatenato il gigante. Le braccia, una verso Capo Peloro, estremità nord-est dell’isola, l’altra verso Pachino nel profondo sud. Le gambe sotto Marsala.
Ma per quanto questa vicenda sia accaduta agli albori dei tempi, ad oggi potrai ancora sentire il respiro e la rabbia di Tifeo. Dalla sua bocca, sotto le profondità dell’Etna, continua ad eruttare la sua rabbia ed il suo odio con enormi colate laviche e zampilli di cenere. Ogni tanto tenta di liberarsi facendo tremare parte dell’isola. Tifeo continua a vivere, il mito si è perso nei tempi, ma la sua potenza nella natura sarà sempre presente.
Ogni tanto il dio degli inferi, Ade, temendo che Tifeo potesse liberarsi, verificava il sottosuolo dell’isola e la sua superficie. Ed in una di queste verifiche, nei pressi del lago di Pergusa, Ade intravide una fanciulla, ma questa è un’altra storia (di cui ci siamo già occupati in QUESTO ARTICOLO).
Lettore, nei tramonti della valle dell’Etna, tra gli alberi di agrumi e le filari di vigne, sorseggiando un buon vino, potrai udire il suo grido, alzare gli occhi verso la vetta della montagna e vedere lo spettacolo delle fontane laviche che illuminano il cielo.