


Le storie sull’isolotto di Isola delle Femmine mi hanno incuriosito fin da piccolo. Mi affascinava e mi incuriosiva quest’isola così vicina alla terraferma, ma così isolata. Così vicina ai ritmi frenetici della civiltà, ma così tranquilla. Così vicina alle voci delle persone, ma così silenziosa. Così vicina alle numerose abitazioni di villeggiatura e alle villette, ma con sola una torre distrutta e disabitata sull’isolotto.
Presto iniziai a fare domande… chiesi ai nonni, ai miei genitori, ad amici e parenti che vivono lì vicino tra i comuni di Isola delle Femmine e Capaci, ma le risposte che ho raccolto negli anni erano sempre diverse.
Così qualcuno mi disse che l’isolotto si chiama “Isola delle Femmine” perché un tempo, la torre (unico edificio presente sull’isola) era un carcere femminile (ed effettivamente ciò spiegherebbe la presenza della torre e il nome dell’isola).
Altri mi raccontarono che il conte di Capaci, innamoratosi follemente di una donna del luogo, a causa della sua gelosia, la fece imprigionare sull’isolotto di Isola delle femmine in modo tale che nessun altro uomo la toccasse. Purtroppo l’amore non era corrisposto, e una notte la giovane donna, con il mare in tempesta, decise di togliersi la vita gettandosi tra gli scogli, e da allora ad ogni anniversario della sua morte, si sentono le sue grida provenienti dall’isolotto.
Un’altra storia proviene dalla Turchia: si dice che tredici fanciulle turche, macchiatesi di gravi colpe, furono condannate dai loro stessi parenti, imbarcate su una nave priva di nocchiero e lasciate alla deriva. Queste fanciulle vagarono per giorni e notti in balìa dei venti e delle onde finché una tempesta scaraventò l’imbarcazione sull’isolotto. Qui vissero da sole per molti anni, e i parenti, pentitisi della loro azione le ricercarono, ritrovandole dopo anni. Le famiglie così riunite decisero di non fare più ritorno in patria e di stabilirsi sulla vicina terraferma. Fondarono quindi una cittadina che in ricordo della pace fatta, chiamarono Capaci (da “CCa-paci” ovvero: qui la pace) e battezzarono l’isolotto sul quale avevano dimorato le donne “Isola delle Femmine”.
Ancora, si dice che vi è una testimonianza di Plinio il Giovane, che in una lettera indirizzata a Traiano, gli scrisse che l’isola era la residenza di bellissime fanciulle che si offrivano in premio ai vincitori delle battaglie.
Altri mi dissero che il nome dell’isolotto è dovuto dal latino “Fimis”, la traduzione dell’arabo “fim”, che indicherebbe la bocca: ossia il canale che separa l’isola dalla costa. Ma, secondo altri, il nome dell’isola deriverebbe da “Insula Fimi” in riferimento ad Eufemio, governatore bizantino della Sicilia.
Tutte queste leggende, tramandate di generazione in generazione, contribuiscono a ricoprire di mistero la storia dell’isolotto di Isola delle Femmine, ma non mi aiutarono affatto a capire perché quell’isola si chiamasse “Isola delle Femmine”, e perché su di essa vi sono soltanto i resti di una torre. Così mi sono documentato, e ho trovato le mie risposte.
Scoprii che per quanto riguarda la torre, c.d. “di Fuori” (chiamata così per differenziarla dalla torre c.d. “di Dentro” che si trova nella terraferma), costruita in prossimità del punto più alto dell’isola, risale al XVI secolo. Essa ha pianta quadrata, con spessori murari di oltre due metri che la rendevano una fortezza inserita nel sistema difensivo delle torri costiere contro gli attacchi dei pirati alla terraferma. Sfortunatamente, gli eventi che hanno caratterizzato lo sbarco degli Alleati durante la Seconda guerra mondiale, l’incuria del tempo ed il disinteresse (bestia nera delle nostre meraviglie), hanno trasformato la torre in un rudere, il cui muro (quasi intatto) al di sopra della ripida scogliera del versante nord, è ancora il volto che l’isola offre al mare.
Invece, per quanto riguarda il nome “Isola delle Femmine”, esso è effettivamente frutto di un lungo processo di italianizzazione, infatti l’antico nome dell’isolotto, secondo la tradizione popolare, era “insula fimi”, anch’esso frutto di un processo di omologazione e derivato da “isola di Eufemio”, ma non l’Eufemio governatore bizantino della Sicilia, ma un navigante che attraversava costantemente l’isola.
Ci sono rimasto un po’ male perché effettivamente le leggende sono più belle e fantasiose della realtà! Comunque sia anche le leggende fanno parte della nostra storia folkloristica: continuiamo a tramandarle, magari raccontando anche la verità quando ci viene chiesta (per evitare di travisare la realtà, e mantenerla viva).