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Intervista a Claudia Fucarino: La Palermo delle donne

1 – Com’è nata l’idea di questo libro?

1 – È nata a Roma da Maria Pia Ercolini, professoressa romana che ha sempre studiato sul territorio la “geografia turistica”, lungo vie che hanno quasi sempre avuto i nomi di grandi uomini. Da lì, da una sua allieva che le ha domandato come mai vi fossero poche vie intitolate a figure femminili, Maria Pia e un gruppo di donne hanno avuto l’idea del progetto “Toponomastica Femminile”, per sensibilizzare le amministrazioni delle città italiane su questa tematica. Tramite censimenti pubblicati online, “T. F.” ha potuto inviare serie di lettere alle amministrazioni per sensibilizzarle a intitolare più vie alle donne. Io per prima mi sono resa conto che a Palermo, a parte sante e madonne, regine e principesse, quasi nulla è intitolato alle donne! La prima targa che trovai intitolata a una donna, “comune” e non “santa” diciamo, è stata in una strada privata nel quartiere Cruillas, decisamente isolata e poco accessibile! Solo in zone periferiche abbiamo vie intitolate a donne che hanno contribuito alla nostra storia e cultura, per esempio artiste, attrici e studiose in Corso Calatafimi e Corso Olivuzza. Quasi tutte le donne ricordate nelle vie a Palermo sono sante, ma non le sante in quanto tali: queste vie sono intitolate non alle sante in sé ma ai monumenti, di tali sante, che lì si trovano! Si potrebbe fare di più. Abbiamo diverse vie, a Palermo, con targhe stradali fatte di lettere e numeri, non ancora con un nome assegnato. Il progetto della guida di genere muove i primi passi proprio da “T. F.”, ma non ci siamo fermate lì. Storicamente parlando, noi palermitani siamo fermi a una storia della città raccontata al maschile. Nonostante le cronache antiche parlino di donne, lo fanno quasi solo nei termini delle donne che andavano alle feste con maschere assurde o alle processioni. Anche il buon Pitré dedica alle donne solo un capitolo di un suo libro, “La vita in Palermo cento e più anni fa”, ma ha il grande merito di rilevarlo: i libri di storia non ci hanno tramandato i nomi delle donne che hanno edificato la nostra città. E così, dopo Roma che è stata la prima città a far parte di questo progetto con Maria Pia, e poi Versilia, la terza è stata Palermo, quando ho abbracciato quest’avventura. “Le donne di Palermo, ok. Ma chi?” – mi sono domandata, e, prendendo un foglio, ho buttato giù le prime donne che mi sono venute in mente. Subito dopo ho stilato un indice di come sarebbe venuto il libro… e qua ti racconto un aneddoto assurdo: mi hanno rubato l’indice! O meglio, mi hanno rubato la valigia quando sono tornata da Roma a Palermo, e ho perso le prime bozze del progetto. Ma non mi sono arresa e sono ripartita! Formando un itinerario ipotetico nella mia mente, mi domandavo: arrivando in tal piazza e analizzando tal monumento, di quale donna potrei parlare? E allora ho strutturato il lavoro così: avrei scritto quattro libri, uno per ogni Mandamento di Palermo. Il primo, quello che è stato pubblicato, sarebbe stato sul Mandamento Tribunali, con alcune delle sue piazze (Vigliena, Rivoluzione, Kalsa, Magione e Marina), e per ogni piazza avrei analizzato i suoi monumenti intitolati a figure femminili, parlando della donna cui era intitolato quel momento e delle altre donne che, in un modo o nell’altro, erano legate a lei o al luogo in questione. Ad esempio, per Piazza Rivoluzione ho inserito le schede di due nobildonne sorelle, una letterata e una pittrice, che assieme hanno contribuito al Risorgimento: Giuseppina e Anna Turrisi Colonna. Le sorelle Turrisi Colonna sono solo un esempio: tutte le donne inserite nel libro sono simbolo della costruzione della società civile. E avrei affidato il lavoro ad altre donne che, scrivendo le schede su questi personaggi femminili, mi avrebbero fornito tutto il materiale, che io avrei coordinato, rielaborato e incastonato nel libro.

2 – Che difficoltà ha trovato nello scriverlo?

Data la mia esperienza, realizzare un itinerario turistico è stato facile. Trovare le figure femminili a esso collegate, invece, è stato difficile. Così come, all’inizio, è stato difficile trovare le co-autrici, che scrivessero le schede o mi aiutassero a trovare le biografie da cui attingere. Ma la passione per questo progetto è divenuta contagiosa, e in tante hanno voluto partecipare. Il lavoro è stato incalcolabile, e non sarebbe riuscito senza il supporto e il suggerimento di queste donne, che hanno sopportato la mia pedanteria: correggere e ricorreggere le schede, rientrare nei limiti di battitura dati dall’Editore… Infatti mi piace chiamare questo lavoro “Libro di donne scritto da donne”. E sono convinta che le donne, se vogliono, se fanno rete, se sanno bypassare rivalità e competizione, sanno creare e costruire, anche meglio degli uomini.

3 – Che riscontro ha trovato a quest’opera?

Buono. Non solo fra le donne, ma anche fra gli uomini. E, dato il buon riscontro del libro, ho creato itinerari a tema. Io ero già forte della mia esperienza, dato che per passione mi piace creare itinerari turistici: da sei anni creo itinerari per far conoscere e rivalutare Palermo, che è stata sfortunata nei secoli e si è coperta di un degrado che salta subito all’occhio, nonostante la sua incredibile bellezza. Io sono convinta che se tu, oggi, apprezzi Palermo, domani la difendi. La difendi dall’incuria, dal degrado, dal disprezzo dei suoi stessi cittadini. Sono sei anni che ci provo, e credimi la situazione è cambiata tantissimo, in meglio. Oggi c’è un amore, per la storia e la gloria di Palermo, che sei anni fa non c’era.

4 – Le donne del Suo libro possono essere accomunate da un tratto caratteristico?

Sì, tutte hanno subìto violenze. Alcune ne sono uscite vittoriose, altre purtroppo perdenti. Un esempio positivo è Franca Viola di cui parla Beatrice Monroy, nella scheda intitolata “Una cosa chiamata Franca Viola”, ispirata all’omonimo spettacolo teatrale dedicato a Franca. Penso anche a Pina Maisano Grassi, vedova di Libero Grassi, e a Bice Salatiello. Entrambe, da perdite atroci (la prima ha perso il marito a causa della mafia e la seconda un figlio a causa di un incidente), hanno trasformato le proprie terribili esperienze in sprone per aiutare gli altri. Un esempio doloroso è la storia di Anna Cuticchio, la prima pupara donna di Sicilia, che dovette invece sposare l’uomo che le usò violenza, ma da cui riuscì a separarsi anni dopo.

5 – In quali di queste si rivedrebbe di più?

Forse in Angela Pica Alfieri, pronipote di Vittorio Alfieri, scheda scritta dalla nipote. Donna inglese, personaggio inedito per l’epoca, fu chiamata come traduttrice del tenente Marshall quando gli inglesi furono a Casteldaccia durante la II Guerra Mondiale, fece da mediatrice tra le istanze del popolo affamato e i severi ordini degli inglesi, mitigando con le sue traduzioni “addolcite” le dure disposizioni dei militari. Una volta, rifiutò di tradurre un ordine di Marshall che le parve ingiusto. Il tenente si infuriò ma poi, intenerito da una donna così forte ma anche così sensibile, le disse che, se non fosse già stato sposato, l’avrebbe presa in moglie. E Angela gli ribatté: “e chi le fa pensare che io avrei sposato voi?”. Una donna fortissima.

6 – Un consiglio tratto dall’esperienza di queste donne per le palermitane di oggi

Fate qualcosa di bello della vostra vita e lasciate il segno. Non concentratevi su trucchi e altre sciocchezze, ma lasciate il segno.

7 – Che tipo di influenza hanno avuto le donne di potere di Palermo sulla Città e oltre?

Un’influenza più simbolica e culturale, direi. Maria Carolina, donna all’avanguardia per la sua epoca, l’influenza più rilevante di tutte. Tra le altre donne di potere, vi fu Felice Orsini, Viceregina, più limitata di Maria Carolina e molto umile di cuore. Donna di polso, Felice fu il simbolo di Palermo alla fine del XVI secolo. Porta Felice è intitolata a lei. Infatti non capisco perché le donne, nella storia, tendano a nascondersi nell’ombra. Io credo davvero nel detto “Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna”, tanto nel bene quanto nel male. Il “Teatro Vincenzo Bellini” un tempo era il “Regio Teatro Carolino”; secondo me, dovrebbe tornare a riprendere quel nome e divenire “Teatro Bellini-Carolino”, per ricordare una grande donna di governo, Maria Carolina, che seppe sopperire alle mancanze di un uomo dedito alla caccia e alle donne: “Teatro Bellini-Carolino” le renderebbe giustizia. Penso anche a Giulia Trigona, o a Luisa Sanfelice, l’amante dei salotti divenuta la “ribelle per caso”, o a Bianca di Navarra. Tutte donne simbolo di quell’influenza culturale che si estese sulla Città e anche oltre, come dicevi tu.

8 – Perché ha inserito Rita Atria, e anche Franca Viola che ha già menzionato, che non sono di Palermo?

Perché sono autentiche icone. Ho dovuto. Ho fatto forzature, le ho inserite in quelle zone di Palermo che non le hanno visto nascere e neanche crescere, ma che potevano collegarsi a loro, perché mi sentivo in dovere di farlo, di dar voce alle loro storie. In un libro di donne sulle donne non potevo non inserirle, dovevo far sì che la loro voce continuasse a parlarci, per sempre.

Mar 8, 2016Claudio S. Gnoffo
"Alla Scoperta Della Palermo Delle Donne"Le donne sconosciute di Palermo
Claudio S. Gnoffo

Laureato con Master di II Livello in Didattica della Lingua Straniera, PhD Student, Counselor Letterario ed Editor, nonché ex ghostwriter ormai in pensione, gli piace parecchio la narrativa, e scrive un sacco di roba.
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/stateofmindgnoffo

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