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Il Ratto di Persefone

Caro lettore, oggi ci spostiamo all’interno del territorio della Sicilia, vicino Enna, in un posto in cui una porzione di cielo si rispecchia su un laghetto naturale, il lago Pergusa. Il lago di Pergusa si trova immerso in una vallata tra i monti Erei, luogo di sosta degli uccelli migratori. Intorno troverai boschetti sempreverdi con all’orizzonte la sagoma del vulcano Etna che tutto domina. Devi sapere che questo scorcio naturale, nella notte dei tempi, fu teatro di uno dei primi rapimenti per amore.

Il mito vuole che proprio sulle sponde del lago una fanciulla, Persefone, soleva passeggiare leggiadra cogliendo i fiori che la natura donava. In realtà che donava sua madre Cerere, la dea custode dei frutti della terra. Ma andiamo con ordine all’evento che mi accingo a raccontarti.

Un giorno Persefone correndo con le compagne di giochi tra i prati colorati dai fiori si divertiva a raccogliere le viole ed i gigli che la terra donava. E nel raccogliere i fiori cantava con voce soave. Mentre ciò accadeva, al di sotto della terra, negli inferi, il dio dei morti Ade con il suo cocchio trainato da quattro cavalli neri come la pece l’udì e disse “ma da dove viene questo suono soave? Di chi è questa voce che sembra rendere meno tetro questo mi regno?”. Così, tirando i suoi cavalli dal nero manto si fece spazio tra le fessure della terra e risalì in superficie. Intanto Persefone ignara di ciò che stava accadendo giocava con le altre compagne a intrecciare ghirlande di fiori. Il dio Ade dietro gli alberi di un boschetto vicino alle rive del lago osservava Persefone.

Mentre osservava le sue movenze, i suoi sorrisi e la sua voce Ade si sentì pervadere di un sentimento mai provato. Lui, il dio della morte che provava per la prima volta il calore del sentimento dell’amore, della passione.

Non ci pensò due volte. Salito sul suo lugubre carro incitò i cavalli e con impeto si gettò verso le ragazze che non ebbero il tempo di reagire dinnanzi a quanto stava accadendo. Senza pensarci un attimo prese Persefone e la strinse a sé con forza, la quale atterrita cercò di liberarsi dalla stretta del dio, dimenandosi e facendo cadere i fiori e le ghirlande che stava creando.

In un attimo Ade striglio i cavalli e corse via dal luogo del rapimento, mentre Persefone urlava. Con un gesto del suo scettro fece aprire le viscere della terra dove portò con se Persefone per farne sua sposa.
Abbiamo il primo “ratto” della storia, che più tardi fu imitato dai Romani. Ma questa è un’altra storia.

Cerere saputo ciò che era accaduto dalle accompagnatrici della figlia corse sulle sponde del lago Pergusa e cominciò a invocare a gran voce rotta dal pianto il nome della figlia. Per nove giorni e nove notti cerco la figlia. Sembra che nelle sere autunnali, prestando attenzione nel silenzio del lago di Pergusa, si può udire forse ancora la voce della dea che chiama la figlia.

Cer ere, quando scoprì che il rapitore della figlia era addirittura Ade, si sciolse nel pianto. Così la terra non diede più frutto e tutto divenne arido e freddo.

Zeus, che in realtà sapeva tutto quanto fosse accaduto (addirittura era il padre di Persefone, ma probabilmente per motivi di convenienza “politica” non poteva fare torto al fratello Ade) chiamò Cerere a salire sul monte Olimpo per parlare con lei.

Zeus non poteva restare a guardare che gli uomini morissero per stenti e fame visto che la terra non offriva più alcun frutto. Cerere voleva a tutti i costi restituita la figlia. Così Zeus disse che solo se Persefone non avesse assaggiato alcun frutto del regno dei morti poteva essere restituita alla madre.
Ma Ade non era un stolto. Aveva cercato di sedurre in qualsiasi modo Persefone di cui era stato profondamente colpito, ma nulla da fare. Persefone pensava solo a tornare a casa da sua madre. Ade gli promise di farla diventare la regina di quel regno delle ombre per convincerla.

Ma sinceramente, diventare regina del regno dei morti non sembra essere un’aspirazione di una giovane ragazza che ama la vita, no?

Così Ade la trasse in inganno, invitandola ad assaggiare un frutto dalle bacche dolci e belle, un melagrano. Di sette chicchi Persefone ne succhiò il nettare.

Zeus, padre degli dei non poteva restare a guardare la terra che inaridiva e che non restituiva più i frutti agli uomini, i quali perivano per la mancanza di cibo. Così il padre degli dei decretò che Persefone potesse ritornare da Cerere 6 mesi l’anno e i restanti 6 mesi doveva ritornare dal marito Ade nel regno dei morti.

Abbiamo così anche il primo caso nella storia di odio tra suocera e genero.
Il mondo da allora conosciuto fu intervallato dalle stagioni, sei mesi all’anno in cui le spighe ed i fiori germogliano, sei mesi in cui tutto muore e il freddo pervade la terra.

Se avrai interesse a visitare le sponde del lago di Pergusa dove nacque questa leggenda nei giorni di primavera o estate, tra i fiori sbocciati e il canto degli uccelli avrai forse la fortuna di intravedere tra i boschi la figura di una ragazza. Allora saprai che Persefone è ritornata in superficie per trovare la madre. Ma non la disturbare, limitati ad ascoltare il suo dolce canto.

Probabilmente intorno, dietro ad un albero ci sarà Ade a vegliare ed ascoltare il suo amore. Eviterei di farlo ingelosire.

Giu 24, 2020Salvo Misseri
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Salvo Misseri
5 years ago Palermo centroade, cerere, cultura, lago, leggenda, mito, pergusa, persefone, sicilia, storia, zeus900
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